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Il progetto di cooperazione per lo studio, il restauro e la valorizzazione della cittadella ellenistica di Selca.

Partners:
Istituto di Archeologia dell'Università di Tirana
Cattedra di Archeologia delle Province Romane, Università Roma 3
Centro Studi Archeologici Herakles

A seguito di un accordo intercorso tra l'Istituto di Archeologia dell'Università di Tirana ed il Centro Studi Archeologici Herakles firmato a Tirana il 31 aprile 2014, facendo seguito a un pregresso accordo di cooperazione con l'Istituto dei Monumenti Albanese, ed in collaborazione con il Centro di Cultura Albanese di Torino, è stata data attuazione a un progetto triennale di studio architettonico, paesaggistico e archeologico della necropoli ellenistica di Selca (comprensorio di Poshtme) sotto la direzione di Luan Perzhita (Direttore dell'Istituto Archeologico) e di Sandro Caranzano (Direttore del Centro Studi Herakles) e della dott.ssa Lorenza Boni (che ha curato la direzione del cantiere di scavo). A partire dal luglio 2015, la missione archeologica si è ulteriormente rafforzata grazie ad un accordo sottoscritto con la Cattedra di Archeologia delle Province Romane dell'Università Roma Tre nella persona della prof. Luisa Musso.

Obiettivo del progetto è quello di effettuare uno studio preventivo sul contesto storico ed archeologico che vide lo svilupparsi della cittadella ellenistica di Selca lungo l'antica via di comunicazione (Egnatia) che collegava il porto di Durazzo/Epidamno con Salonicco, nell'articolato periodo di transizione tra l'età dei regni ellenistici e il dominio romano. Le tombe rupestri, scavate a cavallo tra anni '60 anni '70, sono state oggetto di un rilievo architettonico puntuale finalizzato alla loro corretta documentazione in previsione di attività di restauro resasi necessaria in considerazione del progressivo degrado delle superfici rocciose a causa degli agenti atmosferici ma, anche e soprattutto, per la frequentazione antropica del sito.

Selca 2 Selca

Nel corso delle ricerche preventive è stata effettuata una rilevazione topografica dell'altura unita ad una scansione con georadar di tutta la superficie interessata dall'occupazione antica al fine di verificare la consistenza geologica della collina su cui sorse il centro abitato con la rispettiva necropoli e valutare la potenzialità di rischio dell'area necropolare in funzione delle future attività di tutela e valorizzazione. In tale ambito, sono state dunque necessari alcuni sondaggi in prossimità dell'abitato superiore e presso il pianoro delle tombe, al fine di precisare la stratigrafia insediativa già parzialmente documentata durante gli scavi del secolo scorso.

Per favorire la valorizzazione e la corretta conservazione del sito archeologico ci si propone la costituzione di un Parco Archeologico dotato delle necessarie infrastrutture ricettive di sicurezza che si auspica possa essere affidato alle comunità locali riunite in qualche forma cooperativistica. Il cantiere di ricerca di Selca promuove gli scambi culturali e l'incontro tra studiosi e, nel corso delle diverse campagne e ha visto la partecipazione sul cantiere di studenti e dottorandi provenienti sia dalle 'università italiane, sia da quelle albanesi. Tutti tutti i lavori di consolidamento, manutenzione e realizzazione delle infrastrutture tecniche necessarie alla protezione dei monumenti e alla stessa attività di ricerca campale sono state affidate alla comunità locale.Le attività sono state interamente autofinanziate dal nostro Centro Studi grazie al sostegno liberale di alcuni soci, allo svolgimento di attività culturali finalizzate all’autofinanziamento e con il contributo di sponsor privati.

Breve descrizione del sito di Selca

Selca view

Il sito archeologico di Selca sorge su un altopiano montagnoso affacciato sulla verdeggiante vallata del fiume Shkumbi. Per il momento L’area archeologica non è segnalata con sufficiente cura, ma il sito si può raggiungere imboccando la strada asfaltata che da Përrenjas  conduce in direzione di Proptisht facendo attenzione a svoltare a sinistra appena prima del moderno ponte sul fiume Shkumbin (un buon riferimento è costituito del ponte ottomano in pietra che si scorge poco prima, sulla destra).
L’area archeologica fu scoperta nel periodo comunista - tra il 1968 e il 1972 - dall’archeologo N. Ceka, che vi condusse scavi intensivi sfruttando una cospicua manovalanza di braccianti e operai locali, pubblicando poi il sito con un rapporto ben documentato. I resti più importanti sono quelli delle tombe rupestri, realizzate per ospitare le sepolture di importanti guerrieri e principi illirici nell’età compresa tra quella di Alessandro Magno e l’arrivo dei Romani (IV/II sec a.C.).
Le tombe presentano delle facciate scolpite nella pietra caratterizzate da finti colonnati ionici coperti da architravi, in cui si aprono porte che danno accesso alle camere funerarie.

La Tomba 3 si caratterizza per la sovrapposizione di due camere, di cui la superiore posta al fondo di un piccolo cortile originariamente protetto da un portichetto o da una transenna. Una porta si apre al centro di un emiciclo in cui sono scolpite otto colonne scanalate con capitello ionico lavorato a terra e poi incastrato in un apposito incasso. Ai lati dell’esedra, dove la parete è piana, le pareti sono decorate a rilievo con uno scudo illirico circolare (a destra) e da una testa di toro e da un elmo (a sinistra). Purtroppo i rilievi sono fortemente abrasi dagli agenti atmosferici e sono meno visibili che al tempo della scoperta.
L’effetto plastico della facciata era sottolineato da un mosaico che ricopriva il pavimento del cortile di cui sono rimasti solamente scarsi frammenti; la camera vera e propria sembra non essere stata completata forse a causa della friabilità della roccia, rimanendo dunque come una sorta di cenotafio chiuso da una porta in pietra.
In effetti, la camera funeraria vera e propria si trova al piano inferiore. Essa misura una superficie di 2,72 x 2,77 m con un soffitto a volta che raggiunge l’altezza di 1,85 m. Alle pareti si trovano ancora i resti di due splendidi sarcofagi ellenistici che imitano le klinai (lettini da banchetto) in uso nel mondo greco. Violata nell’antichità, la tomba accolse sul finire del III sec a.C. una nuova sepoltura di guerriero trovata intatta con il suo corredo di vasi e armi, tra cui una cotta di maglia in ferro e un cinturone su cui è rappresentato il mito di Cadmo e Armònia (oggi al Museo di Tirana).
Su entrambi i lati della camera sono stati trovati i resti di due sarcofagi. Gli ortostati sono stati scolpiti in rilievo a rappresentare due klinai ioniche. La camera fu utilizzata due volte. Al suo interno fu possibile portare alla luce circa 10 sepolture deposte in un secondo periodo con il materiale datante alla seconda metà del III sec a.C.

La successiva Tomba 1 ha una facciata alta 2,4 m più semplice e lineare con semicolonne di ordine ionico e architrave. Di pianta quadrangolare di 8,15 x 4 m essa si compone di una anticamera e di una camera sepolcrale di 3,15 x 3 m coperta da una volta a botte che raggiunge l’altezza di 2,10 m. Lungo la parete laterale si trovano due bancali in pietra per la deposizione dei defunti. La camera fu saccheggiata nell’antichità rimanendo esposta agli agenti atmosferici e parzialmente danneggiata.

Tomb2 Selca

La Tomba 2 si caratterizza per un teatrino in miniatura destinato alla celebrazione di feste in onore del defunto (il più piccolo teatro conosciuto; un unicum).
Due rampe di scale permettevano ai partecipanti di scendere nel loculo sepolcrale, situato ad un livello inferiore; l’accesso (di 0,80 x 50 m) avveniva dall’alto e poteva essere bloccato da una semplice lastra di pietra che si trasformava in una sorta di pulpitum per il celebrante o il sacerdote.
Risalendo il sentiero a sinistra si raggiunge una falesia rocciosa ricca di misteriose edicole scolpite nella roccia che un tempo ospitavano statue e iscrizioni; qui si trovano una tomba minore (un tempo preceduta da un portichetto) affiancata da una parete in roccia protetta da una tettoia su cui sono incise frasi in greco che accennano alla quantità di pietra tagliata da un ignoto scalpellino. In effetti, tutto il versante fu sfruttato dagli antichi come cava per ricavarne la pietra da costruzione per le case e le mura della città; terminati i lavori, il fronte di taglio fu ingegnosamente usato per ricavarvi le tombe che, originariamente, erano stuccate e dipinte con colori vivaci.

Selca fu edificata lungo una importante via di comunicazione militare e commerciale dell’antichità. Da qui passava la famosa via Egnazia che conduceva da Durazzo/Epidamno fino a Tessalonica/Salonicco, permettendo ai viaggiatori di raggiungere l’Oriente evitando l’inutile e lungo periplo del Peloponneso.
La strada fu forse percorsa da architetti e scalpellini itineranti, e le tombe di Selca ricordano da vicino sia quelle più celebri di Pidna e Palatizta in Macedonia (ad esempio la celebre tomba di Filippo II), sia quelle scoperte in Italia a Canosa di Puglia.
In Albania tombe di questo tipo (di età tardo-classica ed ellenistica) sono note anche in altri centri, per esempio nella valle del fiume Aos, in particolare a Amantia. Tali tombe sembrano da considerarsi una manifestazione della cultura locale illirica, influenzata dalle mode macedoni.
Il sentiero di visita prosegue quindi sui due pianori superiori, ove s’intravedono le trincee di scavo dell’abitato vero e proprio, del IV/III sec a.C.
Non è noto il nome del centro nell’antichità, anche se vi è chi a proposto di identificarlo con Pelion, un centro illirico citato dagli storici greci e romani. Il sito potrebbe essere stato distrutto durante le manovre condotte dai Romani durante le Guerre di Macedonia ma fu ancora occupato in età romana e bizantina; i toponimi moderni di Gradistë e Selca sono invece di radice linguistica slava.